Care amiche e amici,
a titolo personale e a nome della Presidente di GeA Genitori Ancòra Chiara Vendramini, della Vice Presidente di MEDEFitalia Gisella Pricoco e di tutti i colleghi e colleghe delle due Associazioni, desidero esprimere la nostra vicinanza a quanti di voi soffrono direttamente o indirettamente delle conseguenze della pandemia di Covid19 che ha colpito il nostro Paese e non solo.
Ne usciremo ma in questo momento serve l’impegno comune e solidale di tutti in casa, al lavoro, nella comunità in cui viviamo. E il primo dovere è seguire le dure norme che la scienza e le autorità ci hanno invitato a seguire con il massimo senso di responsabilità.
Se può servire da incoraggiamento, ricordo a quanti di voi hanno letto il nostro libro Pacificare le relazioni familiari che ho immaginato il salmone come animale totemico del mediatore. È l’animale che, attraverso inaudite fatiche e pericoli, risale il fiume controcorrente per assolvere al compito che la natura gli ha dato: essere fertile. Quello che il salmone fa per natura, il buon mediatore fa per cultura.
Fuori di metafora, quando siamo in periodi di grave crisi, dobbiamo fare appello a tutte le nostre forze per raggiungere gli obiettivi che la natura e la cultura ci hanno indicato: non solo sopravvivere ma vivere insieme e, sempre insieme, superare le avversità che la vita non ci risparmia.
Un buon mediatore conosce l’importanza dei paradossi, perché nel momento in cui incontra padri e madri in guerra tra loro, contro ogni evidenza li immagina, al termine della mediazione, non più nemici ma alleati nel comune impegno genitoriale che durerà una vita intera. Separati insieme: un bell’ossimoro, un bel paradosso, difficile da realizzare, ma qualche volta ci siamo riusciti.
Certi suggerimenti sollecitati dai genitori angosciati per il presente e l’avvenire dei loro figli, in questi giorni bui ci sembrano utili per tutti, adulti e bambini. Nei periodi di grave crisi ai bambini – ma anche a noi adulti – serve come l’aria il mantenimento della continuità dell’esistenza. Nel volume sopra citato, scrivevamo: “Se si vuole evitare che i problemi si aggravino occorre, per quanto possibile, impedire che sia minacciato il senso di continuità dell’esistenza nei bambini, togliendo loro vitalità e difese. Tutti noi conosciamo bene quanto sia grave questa minaccia: lo abbiamo sperimentato in prima persona o lo abbiamo constatato nella nostra attività professionale, come medici e volontari negli ospedali, come assistenti sociali, oppure come psicologi che si occupano della salvaguardia dei bambini nelle emergenze, siano essi disastri naturali o guerre, comprese quelle domestiche. Se l’ambiente di vita del bambino non è in grado di tutelare né la sua sopravvivenza fisica né la sua vitalità e fertilità psicologica, ogni sforzo va fatto innanzi tutto per intervenire su quell’ambiente per attivarne le eventuali risorse, affinché il bambino possa continuare a vivere dove sono le sue relazioni più importanti.”
È quindi il momento, chiusi in casa come siamo, di dimostrare ai nostri figli e ai membri più deboli per età o condizioni di salute della nostra famiglia, come si reagisce alle avversità, come si contengono e si combattono le angosce e le paure provocate da un nemico invisibile come il virus. Nei limiti del possibile continuiamo a lavorare e studiare, scopriamo il piacere di attività comuni, parliamo di più tra noi, scambiandoci parole di speranza, e soprattutto manteniamo i ritmi e i rituali che scandivano la nostra vita in casa prima della pandemia. Se tutti faremo ciò che dobbiamo, tra qualche tempo, ritorneremo a vivere e ad esprimere all’aperto la natura gioiosa e vivace – forse anche troppo – che caratterizza di solito il nostro Paese.
Un’ultima raccomandazione: non dimentichiamo questa dolorosa esperienza come abbiamo fatto in quest’ultimo secolo con tutte la pesanti avversità che ci hanno colpito: epidemie, guerre, persecuzioni, calamità naturali, terrorismo. Non è un buon metodo, come emerge anche dalla nostra esperienza di mediatori familiari. Per essere preparati all’imprevedibile (altro paradosso) dobbiamo mantenere la memoria delle esperienze nostre e di chi ci ha preceduto. “Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo” (George Santayana).
Il messaggio che cerchiamo di trasmettere ai nostri genitori in mediazione è lo stesso che dovremmo scambiarci tra di noi: malgrado tutto ce la faremo. Niente di magico o scioccamente consolatorio. Quale sia stato il passato, quale sia il presente, non abbiamo scelta migliore che lavorare oggi per un futuro migliore. Si chiama resilienza: la volontà di rialzarsi dopo ogni caduta. Aiutiamoci gli uni con gli altri a risollevarci perché l’esperienza umana ha dimostrato che un futuro più luminoso si prepara proprio nel modo in cui trasformiamo ogni crisi in un’opportunità.
Fulvio Scaparro